martedì 24 dicembre 2013

Twitter: l’importanza delle immagini


E’ stato proclamato uno dei trend principali del 2014: l’uso delle immagini che avranno un fortissimo appeal sui social network. Più forte di qualsiasi testo.



E Twitter non fa sicuramente eccezione, seguendo la tendenza. Non una tendenza dettata dal nulla, ma dalla grande rilevanza e dal grande successo riscosso da piattaforme fondate proprio sulla diffusione di foto e immagini come Instagram e Snapchat.

Ed è in questa direzione che Twitter ha messo in atto la sua evoluzione, consentendo, ad esempio, la condivisione delle immagini direttamente nei post e modificando l’esperienza di visualizzazione delle foto con una preview differente rispetto a  prima, di gran lunga più piacevole.

Inoltre, proprio come Instagram, Twitter da non molto consente anche l’invio di foto privatamente mediante i Direct Messages. La novità sembrerebbe essere stata annunciata da Twitter due giorni prima rispetto al lancio su Instagram.

Un trend, dunque, iniziato nel 2013 che avrà seguito anche durante il prossimo anno. Possiamo, a ragione, dirlo: "un immagine vale più di mille parole".

lunedì 23 dicembre 2013

Customer Care: le 10 cose da NON dire ad un cliente in una sessione di live chat


Gestire una conversazione sincrona in live chat con un cliente è un compito abbastanza delicato.
Consideriamo la differenza rispetto alla comunicazione face-to-face. Quando si parla con qualcuno nella realtà ci sono fattori, come il tono della voce e l’espressione del viso, che influenzano senza dubbio l’andamento della conversazione e contengono una vasta gamma di informazioni utili affinché il ricevente decodifichi correttamente le intenzioni del parlante. Secondo gli psicologi il 60-80% della comunicazione passa attraverso il canale non verbale.



Che dire delle live chat? In quel contesto l’unica cosa che hai a disposizione sono le parole. Le parole sono l’unico espediente a disposizione per trasmettere il significato di ciò che si intendere esprimere. Può accadere, dunque, che, proprio in mancanza del tono della voce e della mimica facciale, una frase può essere interpretata male in chat.

E’ necessario, quindi, che chiunque si occupi del Customer Caring, sviluppi un vocabolario apposito per evitare qualsiasi situazione di ambiguità interpretativa. Oltre allo sviluppo di nuove abilità comunicative, è necessario anche evitare completamente espressioni che possono creare un’atmosfera negativa e danneggiare la reputazione aziendale.

Ecco cosa non dire.

1.    “L’ho già detto” / “L’ho appena spiegato”

Se si sceglie di riportare l’attenzione del cliente su qualcosa che è stato già detto, è preferibile utilizzare espressioni come: “Le consiglio di far riferimento alle informazioni postate nel blog” oppure “Per poter risolvere il problema, è necessario che faccia riferimento alle informazioni pubblicate nella nostra pagina Facebook”, ad esempio. All’uso di queste espressioni più garbate, si aggiunge anche un’altra soluzione, quella di dare direttamente la risposta senza far riferimento al fatto che l’informazione è stata già data in precedenza.

2.    “Non possiamo farlo” / “Non lo facciamo”

E’ sempre consigliabile far seguire una giustificazione ad un’asserzione nella quale si dichiara di non poter fare qualcosa, ad esempio: “Sarebbe impossibile per noi, dal momento che…”.
Se il cliente chiede qualcosa che l’azienda generalmente non fa, è consigliabile proporre un’alternativa: “Però possiamo fare quest’altro”.

3.    “Deve farlo”

Evitare sempre espressioni che suonano come ordini. L’atteggiamento giusto è quello del consulente, che fornisce suggerimenti ed istruzioni.

Esempio: “Sarebbe utile”/ “E’ consigliabile” / “Potrebbe essere necessario”

4.    “Non lo so”
Sebbene essere sinceri ed onesti sia molto importante per stabilire un clima di fiducia con il cliente, c’è un modo migliore per ammettere di non essere molto ferrati su un determinato argomento:

“Non ne sono sicuro, ma posso ricavare quest’informazione per aiutarla” / “Ottima domanda, mi permetta di trovare la soluzione utile” / “Spiacente, non dispongo dell’informazione che richiede. Posso chiederle di attendere per qualche minuto? Giusto il tempo di contattare il dipartimento di riferimento per recuperare l’informazione richiesta”

5.    “Non è il mio lavoro”

Se il cliente pone una domanda che non rientra nelle tue mansioni, è necessario trovare qualcuno che possa aiutarli, senza assumere un atteggiamento di totale chiusura. “Spiacente, la domanda esula dal mio campo d’azione, però posso metterla in collegamento con Simone del dipartimento tecnico che potrebbe sicuramente essere l’aiuto. Se è d’accordo, posso metterla in comunicazione con lui”.


6.    “Non  fa parte della nostra policy”.

Policy è una parola morta. E’ una parola che non ha alcun senso per il cliente. Se non  si può aiutare il cliente, mai nascondersi dietro la parola “policy”. E’ meglio dare una spiegazione logica che giustifichi l’impossibilità di fare qualcosa, trasmettendo un messaggio a vantaggio del cliente.

Esempio:

Cliente: “Può rimuovere queste impostazioni dal mio account?”

Invece di rispondere dicendo“Non fa parte della nostra policy”, si può replicare in questo modo: “Spiacente, ma non sono autorizzato ad apportare dei cambiamenti a dettagli di questo tipo. Per assicurare il rispetto della privacy, le informazioni dell’account possono essere modificate solo dal proprietario dell’account”.

7.    “Se tutto va bene, lo faremo”

Mai comunicare incertezza. Sebbene sia comprensibile che potrebbero esserci degli ostacoli alla risoluzione di un determinato problema o che non esiste una previsione certa di quanto è possibile fare, è sempre meglio comunicare un senso di “stabilità”, per lo meno laddove dipenda da te. Uno dei modi migliori per esprimere un dubbio su una questione è: “Faremo del nostro meglio …”

8.    Un secco “No”

Con un secco “no” il cliente riceve immediatamente una sensazione di scortesia, anche se non intenzionale. Mancando il supporto del tono della voce, dunque, il cliente non può stabilire con certezza se si tratti di un semplice “no” o di un “no” arrabbiato. Qual è, dunque, il modo migliore per dare una risposta negativa? Inserire quel “no” tra due affermazioni per far in modo di non trasmettere nessuna emozione negativa.

Un esempio: “Sì, comprendo. Tuttavia non sarebbe possibile. Ad ogni modo, c’è una soluzione alternativa che posso suggerire …”

9.    “Cosa le serve/occorre?”

Porre una domanda in questi termini può apparire indubbiamente brusco e scortese agli occhi del cliente. Quindi meglio utilizzare un’espressione del tipo: “Potrebbe gentilmente spiegarmi a cosa si riferisce nello specifico?”.

Oppure, per rendere la strada ancora più semplice al cliente, l’alternativa è quella di comunicare l’eventualità di non aver compreso bene.

Esempio: “Scusi, non sono certo di aver compreso correttamente. Si riferisce a….. o a…. ?”


10.    “Attenda un momento/un secondo”

E’ sbagliato rispondere al cliente chiedendogli di attendere senza dare nessuna spiegazione e senza far presente il motivo per cui il cliente deve attendere, appunto. E’ consigliabile, infatti, specificare che l’attesa è dovuta alla risoluzione del problema e non ad altre questioni. Ipotesi, quest’ultima, che potrebbe essere altamente irritante. Se la risoluzione del problema richiede tempistiche lunghe, è consigliabile farlo comunque presente al cliente e verificare la sua disponibilità ad attendere.

Ci sono altre espressioni  che possono risultare “poco gradevoli” agli occhi del cliente e che secondo voi potrebbero essere aggiunte alla lista?

sabato 21 dicembre 2013

Social Media Marketing fa rima con Social Caring


Dialogo Continuo
Attenzione
Tempestività




Ecco le tre parole chiave per le aziende che investono nel Social Media Marketing. Chi pensa che Social Media Marketing equivalga solo a postare sui social media contenuti di qualità (importantissimi per creare engagement) si sbaglia. Già, perché Social Media Marketing fa rima anche con Social Caring. E Social Caring significa prestare molta attenzione al dialogo continuo e ben strutturato con l’audience di riferimento (sia consumatori che prospect).

E, considerando l’alto impatto che il Social Media Marketing può avere sulla fiducia dei clienti e sulla reputazione online, è importante tener conto della necessità di investire nel Social Caring, che, alla luce della schiacciante presenza dei consumatori online, può consentire alle aziende di risparmiare un bel po’ di soldi necessari per la risoluzione dei “problemi” a posteriori.

2013: nessuna risposta all'80% delle richieste sui Social

Un dato abbastanza negativo, quello presentato dallo studio di Sprout Social, piattaforma di social media engagement, rispetto all’anno precedente ed in relazione al tasso di risposta alle richieste dei clienti sui social network.

Secondo lo studio, “The Sprout Social Index: Engagement e Customer Care”, infatti, quattro messaggi su cinque sui social network, con particolare riferimento a Facebook e Twitter, sarebbero stati lasciati senza una risposta.

A questo trend si associa un trend abbastanza positivo nel 2013 relativamente all’incremento dell’impiego delle piattaforme social: + 175% di messaggi.  Un ritmo, quest’ultimo, che i brand sembrano non riuscire a reggere.

Ecco i risultati dello studio: Nel 2013 l’80% delle richieste dei clienti sui Social è rimasta senza risposta

CONSEGUENZE E… CAUSE



Questo dato negativo potrebbe essere spiegato con la mancanza di aggiornamento delle strategie per offrire il sempre più impellente “social customer care”, in grado di offrire risposte pertinenti e tempestive. Uno strumento importante per l’engagement del consumatore.

Necessario anche l’aggiornamento “social” dello staff e la diffusione di documenti su best practices e social media policy al fine di evitare qualsiasi azione che possa danneggiare la reputazione online del brand.


Verso il “digital”: ecco come si evolve il marketing mix

Quando un’azienda italiana sceglie di intraprendere delle attività di marketing e comunicazione, per quale motivo lo fa? Quali sono gli obiettivi? Eccoli, in ordine di priorità:

1.    Brand Awareness
2.    L’acquisizione di nuovi contatti commerciali;
3.    Il coinvolgimento attivo dei clienti.

Dunque, in Italia, il marketing è innanzitutto una questione di diffusione del brand.

Evoluzione dello scenario attuale


In base a recenti sviluppi, dati dal maggiore coinvolgimento del digitale, hanno profondamente modificato il marketing mix e la comunicazione corporate, sempre più diretta verso il digitale, appunto. Ed è proprio verso il digitale che sono diretti gli investimenti in ambito marketing.

Quali gli strumenti “digital” più diffusi?

1. L’e-mail marketing, sebbene in flessione;
2. I Social Media, in aumento.

Che dire? Non avevamo dubbi!

martedì 17 dicembre 2013

Dati Eurostat: il 30% delle PMI europee si affida ai social media

Ecco alcuni dati emersi dall’indagine Eurostat 2013 sull’impiego delle risorse web da parte delle PMI europee.

-    Il 73% delle imprese europee ha un sito web;
-    il 30% delle imprese impiega i social media.

I dati relativi all’Italia?

-    Il 67% delle aziende italiane ha un sito web;
-    il 25% è sui social media.


L’indagine è stata svolta sulle imprese che hanno almeno 10 dipendenti. La situazione italiana è, evidentemente,  indietro rispetto all’Europa.

E ancora rispetto a:
-    policy aziendale per l’uso dei social media:
1.    8% delle aziende europee ne ha una;
2.    5% in Italia;

-    uso dei social network:
1.    28% delle aziende europee usa social network come facebook;
2.    21% in Italia;

-    uso di blog o microblog:
1.    10% delle aziende europee ne fa uso;
2.    6% delle aziende italiane ritiene sia indispensabile.

Le PMI più “social” si trovano nei seguenti Paesi europei:

-    Malta (55%)
-    Olanda (50%)
-    Irlanda (48%)
-    Svezia (45%)
-    Gran Bretagna (42%)

Le PMI italiane che non si avvicinano al mondo del web e dei social network erigono delle barriere di tipo culturale che le portano a preferire un contatto diretto e personale con i clienti senza ritenere importante intraprendere nessuna iniziativa sul web.

Per approfondimenti: "Digital Marketing: una PMI su due in Italia è contraria. Quali le barriere?"

Content Marketing: “Ogni azienda è un editore”


Leggendo un libro, mi sono imbattuta in un’affermazione abbastanza insolita, ma che – a ben riflettere – non è poi così lontana dalla realtà: “ogni azienda è un editore. Editore nel senso di creatore di contenuti che sono sempre più preziosi perché è proprio attraverso di essi che il cliente viene raggiunto.


Non contenuti qualsiasi, ma contenuti ad hoc. Contenuti che contengano informazioni rilevanti per i clienti, che siano ritenuti significativi e, di conseguenza, che siano in grado di generare e stimolare l’interazione. Questa è – ahimè – una delle maggiori difficoltà per chi si occupa di content marketing. La sfida più grande del content marketing, soprattutto adesso che le regole sono cambiate.

Il content marketing consente al cliente/consumatore di cercare direttamente ciò che serve, senza dover essere disturbato sai soliti, classici messaggi pubblicitari. Il cliente/consumatore è colui che “cerca”, ama cercare ciò che gli occorre e non ascolta passivamente le informazioni e la pubblicità di cui è bombardato.

Dunque, cosa fare? La soluzione è scrivere contenuti di valore e ben ottimizzati in un’ottica SEO. Essere trovati facilmente è fondamentale! E’ il segreto per vendere.

Conclusioni

I contenuti sono l’anima del business soprattutto nel web. Uno strumento potente, in grado di coinvolgere, stimolare e spingere alla fruizione di un determinato prodotto/servizio. E’ per questo che un’azienda può definirsi un editore. Perché content marketing spesso equivale ad “esserci” ed esserci oggi è indispensabile. Il prodotto esiste se qualcuno ne parla, se la conoscenza si diffonde e se l’esperienza dei consumatori viene condivisa.

Che ne pensate?

lunedì 16 dicembre 2013

Social Media: ecco le dieci tendenze per il 2014


Un anno epico per i social media, il 2013. Cosa c’è all’orizzonte per il social media marketing? Quali le novità in termini di sviluppi e trend che il 2014 porterà con sé?
Secondo alcuni guru statunitensi del settore le novità saranno molteplici.



Vediamone insieme alcune…

1)    La qualità della comunicazione B2C (business to consumer) migliorerà. Alla base di questo miglioramento uno spostamento di prospettiva soprattutto per quanto riguarda l’origine dei contenuti: da un modello di broadcasting, basato sulla condivisione di contenuti interni, ad un modello più conversazionale. Il focus? Interazione, interazione, interazione. Solo la conversazione potrà creare engagement! Parola di Neil Joglekar (co-fondatore di ReelSurfer).

2)    Il social diverranno “smarter and smarter”. Parola di Heather Howvery, social media manager di MyCorporation.com. Visto che i contenuti rappresentano il “core” del social media marketing, uno strumento indispensabile per creare engagement, è fondamentale che questi siano originali, non ripetitivi o riciclati e, soprattutto, che riflettano i bisogni del target.

3)    L’universo social diventerà più “rumoroso” e più virale. In tale contesto, come far sentire la propria voce? Da quest’interrogativo la necessità di essere divertenti, interessanti, accattivanti e anche creativi! Parola di Stephen Knuth, Fondatore e Ceo di REMIX Design + Media.

4)    L’uso dei social media consentirà alle aziende che attribuiscono valore a quest’ambito del marketing di “esserci”. Secondo Lisa Parkin, Presidente di Social Climber, infatti, chi ignora i social media finirà per essere ignorato a sua volta.

5)    Geo-marketing e social network: un binomio sempre più stretto, secondo Kristin Muhlner, CEO di NewBrandAnalytics, grazie alla combinazione delle conversazioni che si svolgono su Facebook e la proposta di acquistare beni e servizi in relazione all’area geografica.

6)    I video saranno i nuovi driver del content marketing. A riferire questo trend Kyle Willis, CEO di No To The Quo. Se nel 2013 abbiamo assistito all’esplosione dei contenuti visivi, grazie all’uso esponenziale di Pinterest e Instagram, nel 2014 si prevede un altrettanto sviluppo del video marketing.

7)    I social media utilizzeranno il potere dello storytelling combinato all’uso dei video.

8)    Secondo Rebecca Otis, content/social media manager di Digital Third Coast, cresceranno l’uso delle infografiche e l’impiego del content marketing. In linea con gli aggiornamenti del ranking di Google, i contenuti informativi, attraenti e altamente condivisibili continueranno a rappresentare un fattore molto importante. Da qui, la necessità per i business di avere un blog per incrementare anche le visite sul sito, per “catturare” i web searchers, per generare leads e guidare i visitatori sul sito.

9)    Molte campagne si baseranno sugli hashtag. Secondo Sue Reynolds, Fondatrice di Carmine Media, considerando che nell’estate 2013 Facebook ha implementato la funzionalità dell’hashtag, sarà possibile realizzare delle campagne basate su hashtag e non solamente su un’unica piattaforma. In questo modo, gli utenti avranno la possibilità di rintracciare le conversazioni di loro interesse a prescindere dalla piattaforma in cui queste ultime hanno luogo.

10)     Sarà necessaria una grande attenzione al legame tra Social Media e Search Engine Optimization, dal momento che ogni volta che un contenuto viene condiviso sui social network questo manda un segnale ai motori di ricerca. Dunque, ottimizzare per massimizzare i risultati! Proposta di Krista Neher, CEO di Boot Camp Digital.


E voi? Quali sono le vostre previsioni?

Su Twitter il Parlamento 2.0

Tutti i capi di partito cinguettano su Twitter. Obiettivo? Diffondere notizie in ateprima o affondare gli avversari con polemiche. Tanto da far parlare del cosiddetto Parlamento 2.0. Già, perché lo scontro inizia in Parlamento ma poi prosegue sul social network, che ne diventa quasi un’estensione.

Twitter diventa, dunque, il nuovo palcoscenico della contesa politica. E’ qui che si decide l’hashtag originale che fa tendenza. Lo sanno bene i politici italiani: da Enrico Letta, che twitta le anteprime dei decreti, ad Alfano, che ha annunciato sul suo profilo la nascita del nuovo partito NCD, al ministro Quagliariello, che ha dimostrato su Twitter il suo giubilo per l’abolizione del finanziamento ai partiti. Anche se la data di “attivazione” non sembra essere molto vicina, secondo le indiscrezioni in circolazione sul web. Dunque, tutti i ministri e i capi di partito hanno un account su Twitter, uno strumento del quale ormai non possono fare a meno per le loro campagne elettorali “senza fine”.

Recentemente il duello su Twitter si è svolto tra Matteo Renzi e Beppe Grillo, a suon di hashtag che recitavano #Beppefirmaqui e #Renziecaccialagrana. Che la Terza Repubblica si giocherà proprio sul sito di microblogging?

Una cosa è certa: Twitter è il social network più in voga tra i politici italiani, che ne fanno uso sia per divulgare i propri slogan che per attaccare gli avversari. Agenzie? No, il politico fa da sé. Diffonde da solo le notizie tra i suoi follower. Si viene a creare così un contatto diretto, quello che ai cittadini piace tanto.


domenica 15 dicembre 2013

Usare Twitter in un’ottica Marketing. Perché?


Twitter è uno strumento divenuto ormai fondamentale nell’era in cui il social media marketing è un imperativo per chi intende spingere il proprio business verso il raggiungimento di obiettivi prefissati e – perchè no? – per superare persino le aspettative.

Scrivo questo post per riprendere a grandi linee le direttrici principali che guidano l’impiego di Twitter in un’ottica marketing.

1.    BUILDING COMMUNITY. Twitter consente, infatti, di creare una forte comunità di followers che possono contribuire enormemente al raggiungimento degli obiettivi di business prestabiliti. In fondo, il social network permette il contatto con nuovi clienti.

2.    CUSTOMER SERVICE. Twitter si configura sempre più come uno strumento efficace di comunicazione con i clienti anche allo scopo di supportarli nel caso in cui sorgessero esigenze particolari di aiuto e/o assistenza. E’ anche così che si crea engagement.

3.    SELLING. Vendere su Twitter? E’ possible. Postando promozioni, sconti e offerte particolari è possible guidare le vendite anche su Twitter.

4.    PROSPECTING. Twitter come strumento per creare domanda? Sì, è proprio così. Vi chiedete come? Individuando, ad esempio, bisogni specifici dei potenziali clienti e offrendo una possibile soluzione, qualora il prodotto o i prodotti venduti lo consentano.

5.    BRANDING e AWARENESS. Utilizzare Twitter in modo creativo consente di creare awareness in relazione ad un determinato prodotto o business.

6.    FUNDRAISING. Perché non usare Twitter per diffondere conoscenza su cause importanti?

sabato 14 dicembre 2013

Web marketing e agricoltura


Leggendo alcuni tweet legati al settore del web marketing e del social media marketing, mi sono imbattuta in una news su un’iniziativa di Coldiretti Bergamo in associazione con Giovani Impresa e Donne Impresa.

L’iniziativa si basa su una relazione: quella tra il web e, nello specifico, i social network e l’agricoltura.



Coldiretti Bergamo, infatti, ha organizzato un corso per gli imprenditori agricoli con l’obiettivo di mettere questi ultimi nelle condizioni di poter sfruttare i social media in un’ottica di marketing con lo scopo di promuovere la loro attività.

In fondo, aprire le porte al web marketing significa proprio spalancare l’orizzonte a nuove occasioni di mercato. Perché, dunque, non informare ed aggiornare anche le aziende agricole?

Ritengo che l’iniziativa rappresenti concretamente l’importanza che oggi assumono i social network per qualsiasi settore del processo di produzione.

Un trampolino!
Perché, in fondo, l’importante è lanciarsi!

venerdì 13 dicembre 2013

Social Media: come sventare gli epic fail

Non è sempre così semplice evitare gli “scandali” sui social media. E’ un dato di fatto. Considerando soprattutto la facilità con un cui un’opinione dei clienti può diventare virale e diffondersi a macchia d’olio sui social network.

Ma invece di vivere nel timore che un paio di tweet possano trasformarsi in un danno irreparabile per la vostra reputazione e il vostro business, si potrebbe guardare al lato positivo dei social media e utilizzarli al meglio per la gestione dei momenti di criticità e per la comprensione approfondita dei clienti.


Cinque consigli utili per la gestione degli scandali sui social network

 

1)    CONOSCERE A FONDO I CLIENTI. Sapete quanto sia importante la personalizzazione per l’incremento del ROI? Ecco perché qualsiasi business dovrebbe avere a disposizione un’insight approfondita sugli interessi e le demografiche dei clienti.

2)    ASCOLTARE ( E SAPERLO FARE). Solo un ascolto efficace può consentire di tramutare i social insight in vantaggi per l’azienda. Grazie ai post che i fan condividono sui social network, oltre che dalle loro demografiche, dai loro “Like” e interessi, è possibile targettizzare  e personalizzare l’approccio del marketing e della comunicazione aziendale.

3)    RISPONDERE VELOCEMENTE. I clienti sono imprevedibili e, talvolta, in mancanza di una risposta rapidissima, le conseguenze per l’azienda potrebbero essere molto negative.

4)    ESSERE TOTALMENTE “UMANI”.
Se è vero che la tecnologia può consentire il miglioramento del customer service, d’altro canto è pur vero che alla gente piace interagire online, ma non con un robot. Ciò che sta accadendo è che molte aziende stanno sostituendo gli operatori “umani” con quelli automatizzati e con altri sistemi altamente high-tech. Ad esempio, eBay di recente ha eliminato il servizio clienti telefonico. Cosa significa ciò per i social media? Crescenti opportunità di aggiungere un maggiore valore umano ai social media e la possibilità di connettersi con i clienti in maniera personale e diretta.

5)    FORMARE LO STAFF.
Tutti in azienda devono essere formati per la gestione della reputazione aziendale sui social media. Ma avere a disposizione degli esperti in grado di ascoltare, creare engagement e, nel peggiore dei casi, fronteggiare qualsiasi situazione problematica è un MUST.

Quando si ha a che fare con i social media, la norma equivale all’imprevisto. Dunque, avere a che fare con qualcosa o qualcuno di imprevedibile è più che normale. E bisogna anche essere consapevoli del fatto che quest’imprevisto potrebbe anche portare ad un’epic fail. Fortunatamente la comunicazione sui social network non è unidirezionale, ma bidirezionale e la possibilità di poter instaurare un dialogo ed una connessione personale con i clienti sui social network consente di poter sventare problematiche o, comunque, di risolverle nel migliore dei modi.

martedì 3 dicembre 2013

Facebook: “lo leggo dopo”


La funzione dell’archiviazione per posticipare il momento in cui l’utente di Facebook potrà dedicare la sua attenzione ad un determinato post è in arrivo. Proprio per selezionare e archiviare il materiale da leggere, che potrà essere sempre a completa disposizione degli utenti, è in arrivo il tasto “lo leggo dopo”.





Quante volte, infatti, capita di voler leggere un articolo intravisto sul social network e di non avere il tempo materiale per potersi dedicare alla lettura? Poi, o si perde il contenuto oppure spesso ci si dimentica. Con il tasto “lo leggo dopo”, però, l’utente avrà la possibilità di ottimizzare i tempi di fruizione dei contenuti, mediante l’archiviazione.


Sembra, secondo le indiscrezioni trapelate in rete, che i post presenteranno un segnalibro a destra sul quale gli utenti potranno cliccare. In questo modo, il contenuto verrà aggiunto in una sezione che si troverà a sinistra, tra amici, eventi ed applicazioni.
Obiettivo? Ovviamente trattenere gli utenti sul social network. Per il social media marketing i vantaggi sono scontati. Chiaramente è fondamentale che i contenuti siano di qualità, interessanti, accattivanti e che gli utenti vengano profondamente colpiti e coinvolti.

No?